Gli Sciamani Celesti della Mongolia

Aman khuur (Scacciapensieri) è lo strumento che ha dato nome al nostro tour operator e forma al nostro logo, per cui era necessario parlarne e spiegare il motivo di questa scelta. È uno strumento sciamanico e lo sciamanesimo è parte integrante della cultura mongola, ancor prima del buddismo o di altre filosofie, credi o prodotti culturali di questo vastissimo territorio. Le sue origini si perdono nel tempo, parliamo di un periodo che secondo concreti studi archeologici, è compreso fra trenta e settantamila anni fa, ovvero all’alba del pensiero cosciente dell’umanità. Questa datazione fa dello sciamanesimo la pratica spirituale più antica al mondo.

È sicuramente un primato che indica che il lato spirituale dell’esistenza umana, oltre la scienza e la materia, ha sempre affascinato il popolo mongolo e sicuramente Kevin Turner, autore del libro “Sky Shamans of Mongolia – Meetings with Remarkable Healers” (“Gli sciamani celesti della Mongolia – Incontri con guaritori straordinari”). Sfortunatamente il libro non è ancora stato tradotto in italiano. Ad ogni modo, la premessa da fare è questa: Turner è egli stesso uno sciamano, e per il fatto di non essere locale, ha inizialmente suscitato perplessità e riserva da parte della comunità sciamanica mongola. Nonostante questo alla fine è riuscito a conquistare la loro fiducia dimostrando notevoli capacità divinatorie. La sua esperienza personale è spiegata molto bene nel libro, così come la sua crescita spirituale, i suoi numerosi viaggi in Mongolia ed i tentativi di apprendere l’arte, di migliorarla ed affinarla.

È bene fare un passo indietro e spiegare con le parole dell’antropologo e autore del classico del 1980 “The Way of the Shaman” (“La via dello sciamano”) Michael Harner, cosa è lo sciamanesimo: “Lo sciamanesimo è una grande avventura mentale ed emozionale che vede coinvolti allo stesso tempo lo sciamano-guaritore ed il paziente. Attraverso il suo viaggio eroico ed i suoi sforzi, lo sciamano aiuta i pazienti a trascendere la loro definizione comune ed ordinaria di realtà assieme alla percezione che hanno di loro stessi da malati. Lo sciamano mette a disposizione i suoi poteri speciali e convince i pazienti, ad un livello profondo di coscienza, che un altro essere umano è disposto a sacrificare sé stesso per aiutarli. L’abnegazione dello sciamano richiede in cambio un commisurato impiego di emozioni da parte del paziente”. La definizione che Turner trova più appropriata è la seguente: “Lo sciamanesimo non è una religione – non abbiamo sacre scritture o credi predeterminati – siamo individui, non seguaci religiosi”.

Si è parlato prima di un livello profondo di coscienza: “durante le sedute/trance dello sciamano tutto è possibile” (Mircea Eliade). Turner ce lo testimonia continuamente con le parole dei numerosi guaritori incontrati sul suo lungo cammino ed anche attraverso la sua esperienza diretta di paziente. Ci racconta di come la guaritrice Ariyunaa sia riuscita a fargli passare un dolore cronico alla schiena con un colpo di frusta, parlando attraverso la voce roca e gutturale del suo spirito guida e confermandogli di sapere del suo stesso coinvolgimento nello sciamanesimo e dei suoi studi effettuati in Nepal senza mai averlo visto prima di allora. Un’amica dell’autore di nome Babette soffre di sclerosi multipla, durante un volo aereo ha letteralmente visto il bastone pieghevole che utilizzava come supporto, spiegarsi e prendere il volo dall’interno della sua borsa fino al bagno e poi essere risucchiato dallo sciacquone. Due settimane prima, la stessa Ariyuanaa, l’aveva percossa tre volte con la frusta sulla schiena lasciandole profonde cicatrici.

Nel suo libro, Kevin Turner, (che è anche presidente dell’FSS: Asia of the Foundation for Shamanic Studies), ci parla delle varie vite dello sciamanesimo mongolo, chiarendoci cosa sono i Tengri, gli spiriti alla base di esso. I Tengri venivano suddivisi in bianchi e neri. I primi erano conosciuti come quelli onniscienti e compassionevoli nonché residenti del mondo etereo e vicini alle divinità, mentre i secondi venivano visti come etnocentrici e violenti, invocati spesso per la loro forza e la loro volontà di vendetta. Durante il regno di Gengis Khan (1206 – 1227), gli sciamani venivano assiduamente consultati in merito ad ogni affare di stato, nessuna azione militare o strategia di guerra veniva messa in atto senza la loro guida e sostegno. In combattimento si chiedeva l’aiuto dei Tengri, quelli neri, per far sì che i soldati potessero conquistare gran parte dell’Eurasia ed allargare l’Impero. Il libro ci parla inoltre, di come in epoca più recente, durante l’Unione Sovietica, ogni forma di spiritualità veniva considerata una malattia da estirpare attraverso qualsiasi forma di violenza; gli sciamani venivano torturati, assassinati o arrestati e rinchiusi in campi di concentramenti presenti in tutta la Mongolia. Solo una dozzina di loro continuò a praticare clandestinamente. Ad ogni modo, quello che naturalmente colpisce di questo libro è l’esperienza personale dell’autore il quale venne sottoposto a vari test da parte della comunità sciamanica locale in maniera tale da mettere alla prova l’uomo giunto dall’occidente con un carico di presunte doti divinatorie.

Turner insiste nel dire che lo sciamanesimo non è un credo, bensì un tipo pratico di spiritualità e che gli sciamani altro non sono che degli scienziati della spiritualità aperti a nuove soluzioni e possibilità, tutte di tipo pragmatico, proprio come i dottori della scienza. Se un approccio non dà frutti viene scartato, in caso contrario, verrà utilizzato. Difatti, i mongoli cessano di consultare uno sciamano o una sciamana se non vedono alcun risultato pratico.

E naturalmente, come nella scienza, così nella spiritualità sciamanica, ci si pone delle domande: sono i trattamenti efficaci? Il paziente è effettivamente riuscito a guarire? Erano le divinazioni accurate? Quali sono gli strumenti utilizzati al fine di operare in mondi e dimensioni invisibili? Come può la coscienza essere alterata in modo da percepire questi ultimi? E in conclusione c’è un’analogia con la scienza, o meglio, la neuroscienza che continua a fornire prove in merito al fatto che stati di coscienza non ordinari hanno validità in quanto fenomeni quantificabili e ripetibili dotati di un fine biologico, tutto ciò, insomma, che gli sciamani già conoscevano da millenni? L’autore quindi si sofferma sull’interesse, più o meno recente, di questa branca della scienza in merito alle esperienze di pre-morte, i cui studi tendono oggi a dimostrare scientificamente la percezione diretta di universi esterni alla realtà che noi ci autorappresentiamo, universi che gli sciamani descrivono da sempre. Ed ecco che, se è dimostrabile scientificamente che la coscienza o la mente sopravvivono alla morte biologica, avere allora una comunicazione diretta con gli spiriti, con gli antenati defunti, e con dimensioni extrasensoriali non è più materia fantascientifica, ma oggetto di studio degno di attenzione.

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